Criptovalute – Tassazione ed obblighi di monitoraggio fiscale (RW)
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1) Trattamento fiscale in dichiarazione dei redditi PF
Quindi, ne consegue che, per quanto riguarda le imposte sul reddito delle persone fisiche che possiedono bitcoin o altre valute virtuali al di fuori delle attività d’impresa, si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.
Nello specifico, l’Agenzia delle entrate, ha affermato che le valute virtuali detenute al di fuori del regime di impresa possono generare un reddito diverso, tassabile in base ai princìpi di cui all’articolo 67 Tuir.
Nello specifico le imposte risultano dovute sulle eventuali plusvalenze maturate solo e soltanto se la giacenza media dei portafogli elettronici (wallet) detenuti dal medesimo contribuente, supera per almeno 7 giorni consecutivi, la detenzione di controvalore pari ad euro 51.645,69
In questo caso la plusvalenza dovrà essere dichiarata nel quadro RT del modello Redditi PF, liquidando la relativa imposta sostitutiva del 26 per cento.
2) Obbligo di compilazione del quadro RW
L’Agenzia delle Entrate ha inoltre provveduto a specificare l’obbligo di inserire nel rigo RW1 nella colonna 3 il codice 14 («Altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali»), riferibile al possesso di valute virtuali.
Le istruzioni specificano ulteriormente che in colonna 4 non si deve inserire il codice «Stato estero».
In merito al controvalore in euro da indicare le istruzioni in parola fanno riferimento al valore della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre utilizzando come cambio quello indicato dal sito dove il contribuente ha effettuato gli investimenti di valuta virtuale.
Attenzione: non tutte le criptovalute rientrano nel monitoraggio.
Si specifica infatti che l’articolo 4, del decreto legge n. 167/190, ha previsto tale obbligo dichiarativo alle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.
L’Agenzia partendo dalla presunzione che le valute virtuali (disciplinate dall’articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 213/2007) siano equiparabili alle valute estere si esprime a favore della riconducibilità di tale fattispecie nell’ambito della disciplina del monitoraggio fiscale e ciò stante l’inclusione (in linea con i principi generali indicati nella circolare n. 38/E/2013) delle valute estere tra le attività finanziarie estere.
Per l’Agenzia delle Entrate, infatti, i wallet sono totalmente assimilabili a dei conti correnti. Tuttavia stabilire se un wallet si possa collocare all’estero o no, non è sempre di facile individuazione. La soluzione fornita a questo problema dal fisco è la seguente: il wallet del contribuente viene assegnato quando si apre un account su una piattaforma exchange. Il gestore dell’exchange per poter operare su conto in parola dispone delle chiavi del suddetto wallet, e viene pertanto definito “custodial”.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, per determinare il luogo di localizzazione fiscale del wallet andrebbe considerato come il luogo dove risiede il soggetto che ha le chiavi privale per gestire quel conto. Viceversa, quando parliamo di un wallet offline, per esempio un “cold storage”, la cui chiave privata è nelle mani del contribuente italiano, si presume che quel “conto” sia in Italia, e allora l’obbligo di monitoraggio (e quindi di dichiarazione) non scatta.
Fonte: Fiscoetasse.com